Un po’ di ordine nella giungla degli incentivi
Per ogni imprenditore, la ricerca di incentivi pubblici è spesso un percorso a ostacoli. La “giungla dei bandi”, con le sue procedure frammentate e complesse, è una fonte di frustrazione ben nota. Per rispondere a questa esigenza di chiarezza, il Governo ha varato una riforma storica: il “Codice degli incentivi” (Decreto Legislativo n. 184/2025).
Questa normativa, a partire dal 1° gennaio 2026, mira a razionalizzare l’intero sistema di aiuti pubblici. Ma attenzione: non si tratta solo di un’operazione di riordino. Il Codice introduce un cambiamento di paradigma, un nuovo “contratto sociale” tra lo Stato e le imprese che beneficiano di fondi pubblici.
In questo articolo analizziamo le 5 novità più sorprendenti e di maggiore impatto che ogni impresa deve conoscere per prepararsi a un panorama strategico completamente nuovo.
1. Buoni si vince: I nuovi “punti extra” per le aziende virtuose
Il nuovo Codice introduce un principio rivoluzionario: essere un’azienda socialmente responsabile non è più solo una questione di immagine, ma un vantaggio competitivo concreto. L’articolo 8 istituisce un sistema di “elementi premianti” che rappresenta la carota di questo nuovo patto: lo Stato premia chi genera valore non solo economico, ma anche sociale.
Ecco i principali criteri che garantiranno un “punteggio extra” nelle valutazioni:
- Rating di legalità: Il possesso del rating attribuito dall’AGCM (Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato) diventerà un fattore premiante esplicito.
- Parità di genere: Le aziende che hanno ottenuto la certificazione della parità di genere (ai sensi dell’art. 46-bis del D.Lgs. 198/2006) avranno un vantaggio riconosciuto.
- Inclusione e Lavoro: Sarà valorizzata l’assunzione di persone con disabilità oltre gli obblighi di legge e saranno premiate le politiche che promuovono l’occupazione giovanile e femminile di qualità.
- Sostegno alla natalità: Verranno premiate le imprese che adottano misure concrete a favore della genitorialità e delle esigenze di cura, come specifiche azioni di welfare aziendale.
Si passa da una visione puramente quantitativa del sostegno pubblico (es. numero di posti di lavoro creati) a una qualitativa. Il tipo di azienda che si finanzia diventa uno strumento di policy, segnalando che i fondi pubblici devono orientare la cultura d’impresa verso obiettivi di legalità, equità e sostenibilità sociale.
2. Le nuove regole anti-delocalizzazione
- Delocalizzazione all’interno dell’UE/SEE: Se un’impresa sposta l’attività incentivata al di fuori dell’area specifica per cui ha ricevuto il sussidio entro 5 anni dal completamento dell’investimento, è tenuta alla restituzione completa dei fondi ricevuti.
- Delocalizzazione al di fuori dell’UE/SEE: Qui le conseguenze sono punitive e progettate come un potente deterrente. L’azienda non solo deve restituire tutti gli incentivi ottenuti, ma è anche soggetta a una sanzione amministrativa da due a quattro volte l’importo dell’aiuto. Inoltre, scatta il divieto di accesso a qualsiasi incentivo futuro. Il periodo di divieto di delocalizzazione è di 5 anni per le PMI e viene esteso a 10 anni per le grandi imprese.
Il messaggio è inequivocabile: l’investimento pubblico deve generare valore stabile e a lungo termine sul territorio nazionale. Le imprese che accettano fondi pubblici accettano anche una responsabilità verso la comunità che li ha sostenuti.
3. Finalmente un portale unico?
La frammentazione delle fonti informative è uno dei maggiori ostacoli per le imprese. Il nuovo Codice affronta il problema istituendo il “sistema Incentivi Italia”, che integra il “Registro nazionale degli aiuti di Stato (RNA)” e la piattaforma “Incentivi.gov.it” (Art. 3, comma 2).
Questo sistema funzionerà come un punto di accesso nazionale unico (Art. 22) dove le imprese potranno cercare incentivi, consultare documenti di programmazione e trovare tutte le informazioni necessarie. È un cambiamento che promette di ridurre drasticamente gli oneri burocratici, rendendo l’accesso al sistema più democratico. Tuttavia, è importante una precisazione: il Codice (Art. 3, comma 1) stabilisce che le amministrazioni competenti potranno continuare a utilizzare anche le proprie piattaforme. Il portale unico sarà quindi il grande hub nazionale, ma non l’unica porta d’ingresso possibile.
4. Non solo S.p.A.: anche le Partite IVA contano
Per la prima volta, il quadro normativo corregge uno storico squilibrio della politica industriale italiana, che ha sempre privilegiato le imprese manifatturiere e strutturate. Il Codice amplia la definizione di “impresa” per includere esplicitamente i “lavoratori autonomi” (Art. 2, comma 1, lettera o).
La vera rivoluzione è nell’articolo 10: quando i bandi sono aperti anche a loro, i lavoratori autonomi accedono agli incentivi alle stesse condizioni previste per le PMI. La norma vieta inoltre di imporre requisiti che possano di fatto ostacolare la loro partecipazione. È un passo fondamentale che riconosce formalmente il peso economico del lavoro autonomo e mira a garantire a professionisti e freelance le stesse opportunità di sviluppo delle aziende tradizionali, sanando una storica anomalia del nostro sistema.
5. Un “Tavolo” per metterli tutti d’accordo: la nuova cabina di regia
Una delle cause principali della “giungla dei bandi” è stata la mancanza di coordinamento tra Stato e Regioni, che spesso lanciavano incentivi simili, concorrenti o addirittura contraddittori, creando confusione e inefficienza. Per risolvere questo problema, l’articolo 5 istituisce il “Tavolo permanente degli incentivi”.
Questo organismo può essere immaginato come una sorta di “torre di controllo del traffico aereo per gli incentivi”. Riunendo Ministeri, Regioni e Province autonome almeno due volte l’anno, ha lo scopo di assicurare che le diverse politiche di incentivazione non entrino in collisione, ma volino in modo coordinato verso obiettivi comuni. Anche se è un cambiamento “dietro le quinte”, questa riforma strutturale è cruciale per creare una politica industriale nazionale più coerente e un sistema di incentivi più efficace nel lungo periodo.
Una svolta per l’impresa italiana?
Il nuovo Codice degli incentivi non è un semplice riordino burocratico; è un fondamentale cambio di rotta che ridefinisce ciò che lo Stato valuta e premia. Tenta di costruire un sistema più trasparente e strategico, che favorisca le imprese radicate sul territorio, responsabili e capaci di generare valore sociale oltre che economico.
Questo non sembra solo un aggiornamento normativo, ma un indirizzamento strategico. L’impresa italiana di successo del 2026 non sarà solo quella più profittevole, ma quella dimostrabilmente legale, equa e radicata nella sua comunità. La domanda per ogni imprenditore non è più solo “Come posso ottenere questo finanziamento?”, ma “La mia azienda incarna i valori che questo finanziamento è progettato per promuovere?”.